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Cioccolato, tè e caffè: dalle Indie alla tavola della prima colazione

Continua il nostro viaggio nella storia del primo pasto della giornata con l’antropologo alimentare, Sergio Grasso che oggi ci porta indietro nel tempo e nello spazio alla scoperta dell’età d’oro della prima colazione. Con le scoperte geografiche e l’intensificarsi degli scambi coloniali cambiano gli alimenti disponibili e la colazione europea va assumendo alcune caratteristiche che riconosciamo anche nelle nostre colazioni. Cioccolata, tè e caffè sono predestinati a imporsi sulle tavole del risveglio e mai senza i biscotti secchi.

 cioccolato_caffè

Cioccolata nei giorni di digiuno – Il XVII secolo fu l’età d’oro della prima colazione. Dalle Indie Occidentali erano arrivati in Europa il cioccolato, il tè il caffè. La nera bevanda si serviva a Venezia già dal 1645 nelle “Botteghe da Caffè” insieme a biscotti di farina di granturco e miele, i celebri “zaletti”. La cioccolata in tazza fu accolta con calore dalla nobiltà europea fin dal 1550 ma i dotti uomini di Chiesa non sapevano se qualificarla come cibo o bevanda, dunque se ritenerla lecita o meno nei tanti giorni di digiuno che scandivano il calendario ecclesiastico. Dovette intervenire Papa Pio V (che ebbe come capo della sua cucina Bartolomeo Scappi il più grande cuoco del ‘500) per sancire che “liquidum non frangit jejunum” (i cibi liquidi non infrangono il digiuno) e quindi la consumazione di una tazza di cioccolata al giorno era ammessa anche in quei giorni.

Un risveglio dolcissimo – A Firenze, a Torino e Palermo era di gran moda aprire la giornata con dolcetti e “cioccolatte”, bevanda calda a base di cioccolata sciolta nel latte citata anche da Francesco Redi nel suo Bacco in Toscana del 1666.  Contemporaneamente in Olanda nasceva il genere pittorico dei “quadri-colazione”, splendide nature morte che rappresentavano cibi, bevande e stoviglie usati nelle famiglie benestanti per il primo pasto della giornata.

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